Alitalia specchio del regime
borghese
di Andrea Spadoni
(*)
L'estenuante odissea dell'Alitalia non
sembra conoscere tregua né fine. Quando, ormai più di dodicianni fa, partiva,
tra entusiasmi e promesse di radiosi futuri, la cosiddetta liberalizzazione del
mercato ed era ufficialmente dichiarata la "crisi" del vettore di bandiera, si
sollevava in realtà il coperchio da un pentolone in cui lobby
politiche, economiche, religiose, affaristiche, corporative e simili ribollivano
a più non posso, da decenni, schiumando privilegi, sperperi, tangenti,
nepotismi.
Questi sì, la vera origine dei mali della compagnia nazionale, l'origine del
lento, estenuante, economicamente gravoso e socialmente devastante
smantellamento della società. Una società che incassa molto, ma spende tanto di
più, da sempre, in consulenze, forniture, regalie, assunzioni pilotate,
operazioni promozionali o di marketing del tutto avventate.
Leggendo
i comunicati aziendali e di governo, seguendo le notizie giornalistiche, due
sono i fattori che emergono, invece, come presunti motivi di crisi: il costo del
personale e le avversità di mercato, uniti alla cara vecchia immancabile eredità
negativa delle precedenti gestioni... se poi ci mettiamo anche l'11 settembre, il
quadro è completo!
Nulla di più falso e strumentale.Vediamo
perché.
Innanzitutto il costo del personale: quello
che è presentato alla stampa e all'opinione pubblica, nonché nelle audizioni
parlamentari, è costituito dalla somma del costo di tutto il personale, ossia
dirigenti, piloti, impiegati ed operai. L'ordine di esposizione non è né casuale
né vuole rispettare una qualche forma di gerarchia aziendale o sociale, anzi,
sarebbe casomai il contrario, è invece direttamente proporzionale ai costi di
queste diverse categorie (...noi preferiamo chiamarle classi). Ormai tutti sanno
che Cimoli -dopo avere ricevuto 9 milioni di Euro di liquidazione dalle
Ferrovie, dove ha fatto fuori 10.000 lavoratori, attraverso l'esternalizzazione
del servizio di pulizia (chi prende il treno ne sa qualcosa) e dove ha lasciato
un buco di bilancio mostruoso- è venuto a percepire 8.000 Euro al giorno
lavorativo (!), subito aumentati ad oltre 10.000, e che è meglio non licenziarlo
perché gli spetterebbero 6 milioni di liquidazione... Inutile sottolineare che
anche qui lascia un buco di centinaia di milioni di Euro. Come, del resto, i
suoi degni predecessori, tutti strapagati e strapremiati per... aver bruciato 3
miliardi di Euro in dodici anni! Ovvio che tutta la catena dirigenziale
beneficia, a seguire, di tali livelli retributivi e relativi premi e privilegi.
Seguono a ruota i piloti, i comandanti, in particolare. Non solo hanno un costo,
medio, del 40% superiore a quello dei loro colleghi italiani, ma costituiscono
la più potente lobby all'interno dell'azienda, costringendola a mantenere in
piedi tutta una serie di privilegi, strutture pletoriche, rotte pesantemente
passive al solo scopo di soddisfare la loro tasca e la loro vanità: non a caso i
loro referenti politici sono prevalentemente di destra, spesso estrema. Un
esempio per tutti: il settore intercontinentale. Da tempo, al di là di velleità
e desiderata, l'Alitalia non è più in grado di presidiare questo settore, vuoi
perché priva di una struttura di mercato adeguata, vuoi per l'esiguità dei voli
(scarsa massa critica), vuoi per l'elevato costo di esercizio, sta di fatto che
tutti gli amministratori delegati che si sono succeduti da Schisano in poi,
fatti due conti, hanno iniziato dicendo: niente più intercontinentale. Ebbene
tutti questi degni signori hanno subito fatto marcia indietro e
l'intercontinentale è ancora li, a succhiare il sangue dell'azienda (pubblica)
per la bella faccia dei comandati. Che intanto si fanno rimpinguare il fondo
pensionistico con i soldi dell'8 per mille...
E gli impiegati e gli operai? Quelli
costano meno di tutti i concorrenti, nazionali e non. Tra l'uso smodato del
precariato, in ogni sua forma, e l'imperversare di tutta la panoplia dei
cosiddetti ammortizzatori sociali, le lavoratrici e i lavoratori che ancora sono
in azienda sono ormai definitivamente prostrati da un decennio di veri e propri
taglieggiamenti. Peggio stanno quelli esternalizzati: catering, mense, sicurezza
interna, trasporti interni, manutenzione impianti, assistenza reti informatiche,
help desk... presto toccherà ai sistemi informatici, all'amministrazione,
alla contabilità, agli acquisti, alla revisione e manutenzione aeromobili,
handling aeroportuale: fuori dal contratto del trasporto aereo, fuori
da una grande azienda pubblica, privati delle minime garanzie contrattuali e
retributive, con il posto di lavoro a rischio. Si è così giunti al totale
sfacelo di un patrimonio umano e tecnico, funzionale e professionale unico e
impossibile da ricreare, una disfatta utile solo a coprire le magagne del
management e favorire gli amici appaltatori. Insomma, come sempre
accade, sono solo i lavoratori a pagare, mentre i soliti noti, sotto la
copertura dei vari governi di destra-centro-sinistra, continuano a raccogliere e
a intascare fiumi di denaro pubblico.
Il mercato: la crescita del trasporto aereo
è, in questi ultimi anni, del 6% medio. Le compagnie europee tutte, dopo gli
scossoni iniziali del periodo post-deregolamentazione, fanno utili, alcune anche
consistenti. Gli aeroporti incassano fiumi di denaro. Le low-cost
imperversano, è vero, ma in un segmento di mercato che si sovrappone in minima
parte a quello delle compagnie tradizionali, senza perciò danneggiarle più di
tanto. Solo l'Alitalia va sempre più a fondo.
Se da una parte i soldi incassati si
"buttano", dall'altra le inefficienze si sprecano, anche perché, con il
personale ridotto all'osso e il sotto-organico diffuso, in aggiunta alla
espulsione degli anziani (esperti e motivati) e l'introduzione dei precari
(impreparati e demoralizzati), è difficile essere efficienti e fornire un
servizio soddisfacente. Certo, il trasporto aereo rimane uno dei
business più delicati e rischiosi, che richiedono grande esperienza e
altissima professionalità, ma, allora, perché espellere lavoratori esperti e poi
ritardare o cancellare i voli per mancanza di personale? Quando le retribuzioni
dei dirigenti, le consulenze, gli appalti e tutto il resto restano altissimi,
anzi crescono?
In realtà, se da una parte è in pratica impossibile, per
mancanza di volontà politica, smantellare le lobby che campano
sull'Alitalia, dall'altra si fa di tutto per "transitare" questo grande business
nelle mani "amiche" di qualche furbetto italiota (vedi, ad esempio, Carlo Toto,
proprietario di AirOne e soprattutto amico dei Ds) a un prezzo regalo (tra poco
iniziano i saldi!). Sempre che prima il "governo amico" di Prodi abbia
provveduto a licenziare, precarizzare, esternalizzare, taglieggiare le
lavoratrici ed i lavoratori, per offrire un'azienda "leggera" e "mansueta".
Anche perché, do ut des, ti regalo l'Alitalia, ma tu fai il buono con
sindacati e dirigenti, fornitori e consulenti. Capisciammè!
Alla
faccia delle burocrazie sindacali, compartecipi a tutti i livelli del sistema
lobbystico, e dei sindacati di base, spesso opportunisticamente
orientati, alcuni concorrenti di quelli burocratizzati sul loro stesso piano,
altri persi in ragionamenti settari e involuti in logiche di bottega e
personalismi. Del resto nessun sindacato ha voluto o saputo arginare la marea
montante che ha travolto le lavoratrici e i lavoratori, di certo perché troppo
compromessi, alcuni, del tutto incapaci, altri. Tutti però compresi nel ruolo
loro assegnato di gestori del malcontento, in cambio di ampie praterie di
pascolo: permessi, distacchi, promozioni, assunzioni, salti della barricata
(fino ad avere tre posti nel Cda negli anni scorsi), prestiti non onerosi,
copertura economica e politica del crack del dopo-lavoro. Questo
spiegherebbe anche l'avversione nei confronti di Air France come futuro padrone,
analoga a quella verso altri gruppi europei in altri settori: questi, di mafie e
di amici degli amici non ne vogliono proprio sapere.
Ecco dunque che il sistema si specchia
compiaciuto in questa Alitalia che consegna i profitti ai ricchi borghesi e
toglie il pane di bocca e la sicurezza, la dignità e il futuro alle lavoratrici
e ai lavoratori, facendo loro pagare il costo dell'arricchimento di finanzieri e
banchieri. Il tutto, mentre il ministro "comunista" del governo, Paolo Ferrero,
dichiara "noi accettiamo la strada della privatizzazione" purché "si cambi il
management".
Vi è una sola risposta che possono dare i lavoratori
ai piani di Prodi (e Ferrero): sciopero permanente e prolungato di tutte le
lavoratrici e i lavoratori, fino al rientro in Alitalia di tutte le attività
esternalizzate e i lavoratori così allontanati; recupero della proprietà e del
controllo da parte dello Stato, con la partecipazione degli enti locali;
eliminazione della logica del profitto, sostituendola con quella del servizio
pubblico: efficiente, sicuro, costante, economico; pieno recupero della dignità
delle lavoratrici e dei lavoratori con assunzioni a tempo indeterminato,
stipendi adeguati al costo della vita, rispetto di professionalità e qualità
della vita; eliminazione delle caste dei burocrati aziendali, fino alla gestione
dell'azienda sotto il controllo dei lavoratori.
(*) Alitalia, Cub Nazionale
Trasporti