Purtroppo tutti questi episodi non sono circoscrivibili alla pur cinica e inquietante realtà romana (cioè al tanto decantato “modello Veltroni”) , ma sono in tutta Italia il prodotto di un’azione sistematica di sfruttamento, e al contempo di repressione, che il padronato sta perpetuando ai danni dei lavoratori e, giustappunto, nei confronti degli immigrati (basti pensare che nell’arco degli ultimi 30 giorni sono state già accertate le morti sul lavoro di decine e decine di operai e lavoratori stranieri –quasi tutti sotto i trent’anni- tra Mantova, Trento, Pavia, Belluno, Rimini, ecc…).
Anche di questo si è parlato nel corso della manifestazione che si è tenuta ieri, mercoledi’ 11 aprile, nel quartiere di Tor Pignattara, per salutare Abul Manam e per denunciare tutte le campagne razziste contro gli immigrati. Al corteo, organizzato dal Comitato Immigrati d’Italia e dalla associazione Dhuumcatu, hanno partecipato circa cinquecento persone: un altro importante segnale di forza degli immigrati contro chi, con ogni mezzo, sta cercando di spaventarli e di dividerli.
Si sono uniti alla manifestazione -intervenendo al momento della sua chiusura- diversi abitanti del quartiere e la preside di un istituto scolastico della zona, i cui lavoratori –docenti e non- hanno pienamente solidarizzato con la causa di questa mobilitazione.
Tra le forze politiche che hanno manifestato in piazza insieme col Partito di Alternativa Comunista, l’Oci, il centro sociale del “gatto selvaggio sgomberato”, il coordinamento cittadino per la lotta alla casa e, puntuale nelle circostanze luttuose come l’avvoltoio in odor di carogna, il Prc, per mezzo di due suoi dirigenti. Particolarmente “interessante” -e misteriosa- l’unica proposta contenuta nel volantino diffuso al corteo dal Prc (che, condividendo con l’Unione la gestione del Paese, come della Regione, della Provincia, del Comune e… del Municipio in cui è morto Abdul, impossibilitata quindi nella denuncia, non poteva che giocar di fantasia): “chiediamo un intervento dell’Amministrazione pubblica che migliori la qualità urbanistica (!), ridisegnando le piazze e le strade (!) dove le persone possano socializzare e partecipare attivamente alla vita del quartiere e che dia una spinta a uno sviluppo economico locale di tutto il quadrante” (?). Come possano l’allargamento di una o più strade e l’innesto di qualche alberello prevenire quelle tragedie a sfondo razzista che il Prc stesso, sostenendo la politica di sacrifici e guerra del governo Prodi, sta rinfocolando a spron battuto è l’interrogativo che poniamo a lorsignori dirigenti di Rifondazione.
All’opposto, nel suo intervento conclusivo, il Partito di Alternativa Comunista, partendo da quanto accaduto ad Abdul e a tutti i bengalesi in questi mesi, è tornato sul tema della lotta contro il governo Prodi e le sue politiche, che “se non respinte con l’azione e l’intervento di tutti i lavoratori, mieteranno altre vittime, e non soltanto tra gli immigrati”.
Il Partito di Alternativa Comunista ha messo in risalto il grande successo di partecipazione ottenuto dai migranti nelle manifestazioni degli ultimi mesi (novembre-marzo); ha elogiato la protesta decisa ed orgogliosa che centocinquanta lavoratori immigrati hanno destinato al ministro del Prc Ferrero (cofirmatario, con Amato, di un nuovo ddl razzista in materia d’immigrazione), il 28 marzo nel corso di un’assemblea a Roma; ha lanciato nuovamente la proposta di una lotta continuata unitaria, di tutte le comunità dei lavoratori stranieri (a prescindere dalle più varie diversità di etnia) e di tutti i lavoratori romani e italiani, attorno ad una piattaforma rivendicativa generalizzante: permesso di soggiorno, diritto al lavoro e alla casa per tutti i migranti; cittadinanza italiana automatica per tutti i bambini stranieri nati in Italia; ritiro immediato di tutte le leggi di precarietà, sfruttamento e discriminazione (dalla Treu alla Biagi; dalla Turco-Napolitano alla Bossi Fini); ritiro delle truppe italiane da tutti i Paesi dipendenti.
Poche, semplici parole d’ordine, da cui però non si può prescindere per un’alternativa di sistema ad governo anti-operaio che, per dirla con Marx, “come quell’orribile idolo pagano, non vuole bere il nettare, se non dai teschi dagli uccisi” .